Il ragazzo con la bicicletta
Lunedì 12 Dicembre ore 15.30 e ore 21.00
L'abbandono e il bisogno di una famiglia

Soggetto: Dal centro di accoglienza dove vive, il dodicenne Cyril scappa, deciso a tutto pur di ritrovare il padre, che lo ha lasciato senza lasciare recapiti. Il ritrovamento della bicicletta permette a Cyril di rintracciare anche il genitore, che lavora nella cucina di un ristorante. Ma l'esito non è quello sperato: lui in effetti sta per rifarsi una nuova vita e non vuole più saperne del figlio. Accolto in casa da Samantha, parrucchiera che accetta di tenerlo per i fine settimana, Cyril conosce un giovane spacciatore ce lo coinvolge in un furto con aggressione. L'azione non va a buon fine, Cyril cerca la conciliazione con le vittime. E poi chiede a Samantha di restare a vivere con lei.
Valutazione Pastorale: Sentiamo i Dardenne: "Da tempo eravamo ossessionati da una storia: quella di una donna che aiuta un ragazzo a liberarsi della violenza di cui è prigioniero. L'immagine che per prima ci veniva a mente era quella di questo ragazzino, questo fascio di nervi, placato e quietato grazie ad un altro essere umano (...)". Rispetto a questo c'è da aggiungere la parte della ostinata ricerca del padre. In effetti la figura paterna, che c'è, si nega, rifiuta il ruolo, scappa impaurita; della madre non si fa cenno, ma arriva sotto forma della donna inattesa, che in pratica risolve (quasi) tutto. Cyril partecipa all'azione cattiva in modo forse inconsapevole, e poi cerca di riparare e dimenticare, concedendo fiducia alla nuova figura femminile. I Dardenne camminano lungo un terreno impervio quanto a caratteri e psicologie ma leggero, piano, impalpabile quanto a sussulti drammatici. Il copione scivola via come una breve cronaca su un giornale locale, appena riferita e subito dimenticata. Il finale resta sospeso dentro un'idea di riscatto e la regia opera su un taglio visivo più semplificato che semplice. La favola resta dentro una precisa realtà. E i vuoti di identità abitano tra noi. Film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
L'abbandono e il bisogno di una famiglia
Soggetto: Dal centro di accoglienza dove vive, il dodicenne Cyril scappa, deciso a tutto pur di ritrovare il padre, che lo ha lasciato senza lasciare recapiti. Il ritrovamento della bicicletta permette a Cyril di rintracciare anche il genitore, che lavora nella cucina di un ristorante. Ma l'esito non è quello sperato: lui in effetti sta per rifarsi una nuova vita e non vuole più saperne del figlio. Accolto in casa da Samantha, parrucchiera che accetta di tenerlo per i fine settimana, Cyril conosce un giovane spacciatore ce lo coinvolge in un furto con aggressione. L'azione non va a buon fine, Cyril cerca la conciliazione con le vittime. E poi chiede a Samantha di restare a vivere con lei.
Valutazione Pastorale: Sentiamo i Dardenne: "Da tempo eravamo ossessionati da una storia: quella di una donna che aiuta un ragazzo a liberarsi della violenza di cui è prigioniero. L'immagine che per prima ci veniva a mente era quella di questo ragazzino, questo fascio di nervi, placato e quietato grazie ad un altro essere umano (...)". Rispetto a questo c'è da aggiungere la parte della ostinata ricerca del padre. In effetti la figura paterna, che c'è, si nega, rifiuta il ruolo, scappa impaurita; della madre non si fa cenno, ma arriva sotto forma della donna inattesa, che in pratica risolve (quasi) tutto. Cyril partecipa all'azione cattiva in modo forse inconsapevole, e poi cerca di riparare e dimenticare, concedendo fiducia alla nuova figura femminile. I Dardenne camminano lungo un terreno impervio quanto a caratteri e psicologie ma leggero, piano, impalpabile quanto a sussulti drammatici. Il copione scivola via come una breve cronaca su un giornale locale, appena riferita e subito dimenticata. Il finale resta sospeso dentro un'idea di riscatto e la regia opera su un taglio visivo più semplificato che semplice. La favola resta dentro una precisa realtà. E i vuoti di identità abitano tra noi. Film che, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti.
IN TO THE WILD

LUNEDì 5 DICEMBRE ore 15.30 e alle ore 21.00
La felicità è reale solo se condivisa
Soggetto: Nel 1992, il giovane Christopher dopo essersi laureato, decide di lasciare la sua vita quotidiana per andare a vivere tra i ghiacci dell'Alaska. Durante il viaggio, incontra vari personaggi, alcuni che approvano il suo modo di agire, altri che non ne vogliono sentire parlare. Ma Christopher, detto Alex Supertramp, va avanti e, mentre i genitori ne aspettano il ritorno, lui si addentra nella zona più difficile, resta solo. Il ghiaccio è intorno a lui, e lo cattura.
Valutazione Pastorale: La ribellione contro le seduzioni del consumismo é da sempre tipica delle società a stato economico più evoluto e modernamente avanzate. Da contestatore incallito dell'american way of life, Sean Penn si serve dei migliori servizi della tecnologia americana per raccontare il diario di un giovane idealista, desideroso di confrontarsi con la vita al suo stato puro e incontaminato. Ne viene fuori un viaggio di formazione, un'ansia di fuga destinata a scontrarsi con l'immutabilità della natura e con le sue leggi spietate. Nel suo cammino di crescita, Penn dà a Christopher i connonati di un panteismo assoluto, tanto più rigoroso quanto incapace di capire i limiti dell'agire umano. Così il ragazzo è destinato a soccombere, ma meglio morire che vivere in mezzo alla corruzione e ai compromessi. E' qui il limite del sistema filosofico di Penn, destinato ad arrendersi non riuscendo ad intravedere la luce della trascendenza. E' lo stesso ostacolo che interveniva nell'inquietante episodio firmato da Penn nel film collettivo sull' "11 settembre". Film comunque denso, pieno di duggestioni e, dal punto di vista pastorale, da valutare come accettabile, problematico e adatto per dibattiti.
LO SPAZIO BIANCO
LUNEDI 14 NOVEMBRE ore 15.30 e ore 21.00
LO SPAZIO BIANCO - Un film per riflettere sul tema della vita

Soggetto: Donna matura e abituata a fare tutto da sola, Maria resta incinta, partorisce e subito la neonata Irene deve essere in forma precauzionale nell'incubatrice. Ci vogliono tre mesi per avere la certezza che la piccola vivrà, e Maria decide di passarli in ospedale accanto alla figlia, escludendosi in pratica dal resto del mondo. Solo così, tuttavia, é in grado di trovare la forza per accompagnare Irene verso la sua seconda, nuova nascita.
Valutazione Pastorale: Lo spazio bianco é quello dell'attesa, una bolla di solitudine in cui Maria si rinchiude e che alla fine esplode. Dice la Comencini: " Nel corso della mia vita mi sono ritrovata a difendere il diritto delle donne a non avere figli, o a poter scegliere se e quando averli (...). Questo film mi ha dato l'occasione di parlare di ciò che conosco meglio, dell'essere madre (...) Quella che racconto é una storia personale, non un messaggio o una bandiera (...)". Il copione, partendo da un romanzo, affronta dunque temi molto attuali, forti, legati a scelte civili e etiche. La scelta di difendere la vita nascente é chiara e opportuna. Se altre posizioni della regista possono essere meno condivisibili, ciò non toglie che il racconto resti denso, intenso, segnato da momenti di lucida partecipazione. Ne deriva un film che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come complesso, problematico e addatto per dibattiti.
LO SPAZIO BIANCO - Un film per riflettere sul tema della vita
Soggetto: Donna matura e abituata a fare tutto da sola, Maria resta incinta, partorisce e subito la neonata Irene deve essere in forma precauzionale nell'incubatrice. Ci vogliono tre mesi per avere la certezza che la piccola vivrà, e Maria decide di passarli in ospedale accanto alla figlia, escludendosi in pratica dal resto del mondo. Solo così, tuttavia, é in grado di trovare la forza per accompagnare Irene verso la sua seconda, nuova nascita.
Valutazione Pastorale: Lo spazio bianco é quello dell'attesa, una bolla di solitudine in cui Maria si rinchiude e che alla fine esplode. Dice la Comencini: " Nel corso della mia vita mi sono ritrovata a difendere il diritto delle donne a non avere figli, o a poter scegliere se e quando averli (...). Questo film mi ha dato l'occasione di parlare di ciò che conosco meglio, dell'essere madre (...) Quella che racconto é una storia personale, non un messaggio o una bandiera (...)". Il copione, partendo da un romanzo, affronta dunque temi molto attuali, forti, legati a scelte civili e etiche. La scelta di difendere la vita nascente é chiara e opportuna. Se altre posizioni della regista possono essere meno condivisibili, ciò non toglie che il racconto resti denso, intenso, segnato da momenti di lucida partecipazione. Ne deriva un film che, dal punto di vista pastorale, é da valutare come complesso, problematico e addatto per dibattiti.
STANNO TUTTI BENE
Lunedì 7 novembre ore 15.30 e ore 21.00

Soggetto: Da poco pensionato e vedovo, Frank Goode avverte il bisogno di riunire i quattro figli, tutti trasferitisi in altre città. Andato a vuoto un incontro programmato a casa sua, Frank decide di partire per raggiungerli in prima persona, facendo a ciascuno una sorpresa. A New York non trova David, trova invece Amy a Chicago, Robert a Denver, Rose a Las Vegas. Ognuno di loro ha grossi problemi di cui lui ignorava l'esistenza. Infine apprende che David é morto di droga in Messico. Dopo un attacco di cuore, torna a casa, programma un nuovo incontro. E stavolta i tre figli sono con lui attorno al tavolo.
Valutazione Pastorale: Si tratta di un remake del film "Stanno tutti bene" diretto da Giuseppe Tornatore nel 1989. Al di là dello spunto narrativo, questa versione si muove spedita, com'è inevitabile, lungo le coordinate tipiche della vita americana: grandi spazi, metropoli, scenari ampi e, magari, destini individuali piccoli. Alla fine, trionfa lo spirito della famiglia, che é più forte di tutto, magari con i guai e le differenze nel frattempo intervenuti. De Niro è bravo nel ruolo dell'impiegato dimesso e malinconico ma il resto ansima alla meno peggio. C'è poca convinzione, la trama on the road si snoda senza particolari sussulti. Un po' di camomilla, e atmosfere da crepuscolo ingiallito. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come consigliabile e nell'insieme semplice.
Soggetto: Da poco pensionato e vedovo, Frank Goode avverte il bisogno di riunire i quattro figli, tutti trasferitisi in altre città. Andato a vuoto un incontro programmato a casa sua, Frank decide di partire per raggiungerli in prima persona, facendo a ciascuno una sorpresa. A New York non trova David, trova invece Amy a Chicago, Robert a Denver, Rose a Las Vegas. Ognuno di loro ha grossi problemi di cui lui ignorava l'esistenza. Infine apprende che David é morto di droga in Messico. Dopo un attacco di cuore, torna a casa, programma un nuovo incontro. E stavolta i tre figli sono con lui attorno al tavolo.
Valutazione Pastorale: Si tratta di un remake del film "Stanno tutti bene" diretto da Giuseppe Tornatore nel 1989. Al di là dello spunto narrativo, questa versione si muove spedita, com'è inevitabile, lungo le coordinate tipiche della vita americana: grandi spazi, metropoli, scenari ampi e, magari, destini individuali piccoli. Alla fine, trionfa lo spirito della famiglia, che é più forte di tutto, magari con i guai e le differenze nel frattempo intervenuti. De Niro è bravo nel ruolo dell'impiegato dimesso e malinconico ma il resto ansima alla meno peggio. C'è poca convinzione, la trama on the road si snoda senza particolari sussulti. Un po' di camomilla, e atmosfere da crepuscolo ingiallito. Dal punto di vista pastorale, il film é da valutare come consigliabile e nell'insieme semplice.
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